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HAGI: “PORTO LA FIORENTINA NEL CUORE, MOLTI TIFOSI VIOLA MI SCRIVONO DI TORNARE A FIRENZE”

Immagine del redattore: Riccardo DomenichiniRiccardo Domenichini

L’ex attaccante della Fiorentina, Ianis Hagi, è intervenuto ai microfoni di gianlucadimarzio.com ed ha parlato anche della sua esperienza in viola a Firenze e del rapporto che ha con l’ambiente fiorentino.


Le dichiarazioni di Hagi a gianlucadimarzio.com:


IL PAPÀ GHEORGHE - “E’ stato l’idolo di tutti i ragazzi della mia età in Romania: è partito da un piccolo villaggio vicino a Costanza ed è arrivato a giocare al Real Madrid e al Barcellona. Crescere con lui è stato un vantaggio: le pressioni mi sono servite come motivazione. Oggi in Nazionale sono uno dei capitani, voglio ispirare le nuove generazioni come lui ha fatto con la mia. Sogno di riportare il nostro nome a un Mondiale: sarebbe una grande storia, un modo per restituire a papà la gioia che lui mi ha dato”.


ESPERIENZA A FIRENZE E POSSIBILE RITORNO? - “I diciotto mesi alla Fiorentina sono stati cruciali per la mia crescita: ho giocato solo due partite in prima squadra, ma è stata l’esperienza di vita e di calcio in cui ho imparato di più. Mi ha aiutato a capire chi sono. Con i tifosi è nato un bel rapporto: mi scrivono ancora con affetto e mi chiedono di tornare. Ci penserei? Ora sto bene a Glasgow, amo i Rangers e ho vinto tanti trofei qui. Poi nel calcio non si sa mai: di certo Firenze avrà sempre un posto speciale nel mio cuore”.


GLI EX COMPAGNI DI SQUADRA VIOLA - “Quella squadra era piena di talento: quindici giocatori andavano in nazionale. Nel mio ruolo, tra trequarti e ala, avevamo Ilicic, Zarate, Bernardeschi e Borja Valero. Ilicic era fenomenale, uno dei migliori con cui abbia mai giocato: talento puro, visione, controllo. Vederlo ogni giorno era un privilegio. Con Zarate ci fermavamo dopo gli allenamenti a calciare punizioni: ci sfidavamo uno contro l’altro, due o tre volte a settimana. Lui aveva trent’anni, io diciassette. Ovviamente ho imparato a calciare grazie a mio padre, ma con Zarate ho affinato la tecnica: in media su dieci punizioni ne segnava nove. E voleva sempre sfidarmi. Una volta gli ho detto: “Mauro è il quarto giorno di fila che calciamo”. Mi ha risposto: “Non importa, tu vieni e migliora”. Ecco perché sono cresciuto a Firenze: erano giocatori esperti, ma soprattutto grandi persone”.


QUANDO L’ALLENATORE ERA PROPRIO GHEORGHE HAGI - “All’inizio la situazione può sembrare un po’ strana nei rapporti con i compagni, ma alla fine parla il campo. Io l’ho sempre trattato come un normale allenatore e lui trattava me come un normale calciatore. Non si faceva problemi a punirmi se sbagliavo: prima che andassi a Firenze, a sedici anni, in allenamento mi sono arrabbiato per una sua critica e ho alzato un po’ la voce. Lui ha fermato l’esercizio e mi ha mandato a fare scatti da solo sul campo accanto per venti minuti, senza pause. Ho finito quell’allenamento esausto… e due giorni dopo ero in campo per una partita di campionato. Ma la punizione è servita: quel weekend ho segnato una doppietta e abbiamo vinto 6-1”.


INSEGNAMENTI - “Ho capito che il calcio è fatto di opinioni e che se tu rispetti il calcio, lui ti darà indietro: anche in questi mesi in cui con i Rangers non ho giocato, ho continuato ad allenarmi al meglio aspettando una chance. Ora è arrivata e mi ha confermato quanto questo club sia speciale. Il bello deve ancora venire… e arriverà presto. Ogni tessera del puzzle si sta unendo. Il meglio della mia carriera arriverà presto”.

[ Foto Instagram @ianishagi ]

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