1. Le ammissioni
Belli i tre punti quando arrivavano. Intanto però sono tornate le conferenze stampa. Venerdì Palladino ha parlato con i giornalisti in un clima generale di grande serenità e ottimismo, rassicurando sul clima dentro lo spogliatoio e parlando con positività del confronto post-Monza. Tutto questo dopo che pochi giorni prima il dg Ferrari, nell'introdurre la presentazione ai media del nuovo arrivato Michael Folorunsho, aveva tranquillizzato tutti sulla fiducia che la dirigenza riponeva nel tecnico.
Arriva la domenica e all'ora del digestivo dopo il pranzo in famiglia, la Fiorentina si ritrova con un'altra vittoria sfumata, stavolta rimontata da un incerottato Torino che in dieci uomini si è mostrato ben più reattivo e combattivo di noi. E per la prima volta in maniera aperta, il tecnico e la squadra finiscono sotto contestazione, dopo aver rimediato il secondo punto nelle ultime sei partite. E allora la serenità e l'ottimismo restano più che altro un buon proposito, tanto per la squadra quanto per la tifoseria.

Forse la cosa migliore, che può essere un piccolo segnale di ammissione ed elaborazione delle difficoltà, la dice Gosens sempre ai microfoni del dopogara, tanto in mixzone quanto in conferenza stampa (dopo un Palladino visibilmente poco brillante): ovvero che la squadra oggi è in sofferenza su un piano mentale e psicologico. Il problema non sono gli errori, ma la mancanza di forza per reagire collettivamente all'errore. Positività e negatività sono state un po' le parole-chiave delle risposte del tedesco: ha affermato che probabilmente il primo fattore oggi manca, e rischia a maggior ragione di mancare nei prossimi giorni, dato che ora quella sfiducia permea, dopo tanti risultati negativi, anche l'esterno, la piazza, i tifosi.
Robin Gosens ha ammesso un problema, ha detto che spetta a loro risolverlo e ha chiesto, non preteso ma chiesto, una mano. Una mano che la squadra prima di tutto deve dare a sé stessa, e poi il resto lo farà il sostegno degli spalti. Forse è il primo tesserato della Fiorentina a porsi in questi termini dopo tanti anni di sparate, silenzi e solite minestre trite e ritrite. Magari non è nulla, ma questo abbiamo ora. L'ammissione di un problema.
2. I conti dell'oste
Alla 15esima giornata (Fiorentina-Cagliari 1-0, la prima in campionato senza Bove, e la prima che vedeva il rientro di Gudmundsson dall'infortunio) la Fiorentina era terza a parimerito con l'Inter e la Lazio, a -1 dall'Atalanta e a -3 dal Napoli, con queste ultime tre squadre che avevano una gara in più giocata rispetto a viola e nerazzurri. La Juve era sesta a -4, il Milan e il Bologna settimi a -9.
Sei giornate dopo la Fiorentina ha una posizione di classifica ridimensionata ma rispettabile (è sesta, ancora in zona Europa), che normalizza quel rendimento straordinario di due mesi ma lo lascia comunque inquadrato in una posizione in graduatoria positiva e coerente con le aspettative iniziali.
Tuttavia, il confronto con quella classifica di inizio dicembre fa male al cuore e alla mente, ed è qualcosa di perfino spaventoso nei numeri. La squadra di Palladino ha perso 16 punti sul Napoli, 14 sull'Inter, 9 sul Bologna, 8 sulla Juventus, 7 sull'Atalanta e sul Milan, 6 sulla Lazio (prossima sfidante domenica). Persino la Roma, che a dicembre sembrava dentro una spirale senza fine, ha ripreso 9 punti alla Viola nel suo tentativo di rientrare in orbita coppe europee. La competizione purtroppo non fa sconti: non arginare rapidamente questa emorragia di punto può esser fatale per la stagione, nonostante manchino ancora 18 partite. In questo, un ko all'Olimpico rischia di suonare a morto, tanto sul piano della classifica quanto soprattutto del morale.
3. La partita
Difficile analizzare una gara così pesantemente condizionata da fattori emotivi come Fiorentina-Torino. Per disposizione probabilmente è stata la Fiorentina più equilibrata e coerente da settimane, con Folorunsho chiamato a giocare alla Bove che, seppur in rodaggio, è stato in grado di dare intensità in entrambe le fasi in modo da favorire l'uscita dalle retrovie di Gosens. Positiva anche la prima metà di gara di Gudmundsson (di certo la migliore dal rientro dall'infortunio), propositivo e partecipe nella costruzione dell'azione del vantaggio.
Sono però emerse anche criticità individuali che richiederebbero correzioni e anche momentanee turnazioni. Nella partita in cui le riserve della corsia di destra (Kayode e Ikonè) erano fuori per questioni legate al mercato, Colpani e - in realtà soprattutto - Dodô sono emblematici della condizione psicologica negativa della Fiorentina. Il primo, dopo 45 minuti incoraggianti (sua la girata che Kean ribadisce in rete dopo la respinta di Milinkovic-Savic) è riapparso nella ripresa sempre più sfibrato mentalmente, dentro un loop di sfiducia nei propri mezzi impressionante e sempre più difficile da risolvere (se non con del riposo centellinato). Oramai, la propensione a quel massiccio lavoro di ripiegamento sembra più una zavorra che altro per il giocatore.

Zavorra oltretutto oggi sempre più fine a sé stessa: la copertura che l'ex Monza deve garantire al brasiliano si traduce in nulla. Dodô è da quel Fiorentina-Inter che è sempre meno brillante; già con il Cagliari l'ingresso di Luvumbo lo mise improvvisamente in difficoltà. Ad oggi il terzino non sta riuscendo più a garantire qualità e corsa palla al piede, per quello che era un meccanismo centrale nella fase di sviluppo e di risalita del campo della Fiorentina. La poca lucidità la si vede anche nel crescente affanno quando c'è da difendere: drammatica la sua lettura della palla nel momento di confusione generale che ha preceduto, e portato, al pari del Torino.
Poi c'è il crollo, fragoroso come lo era stata la crescita, della coppia centrale, Comuzzo in particolare. Il ragazzo è in regressione almeno dal 2-2 contro la Juve, in una fase dove la cerniera di sicurezza intorno alla difesa è saltata e riassestarla si sta dimostrando complicato. L'errore sul gol sta in un trend di svagatezza e disattenzioni, solo a tratti compensate con quei mezzi tecnici e atletici notevoli che forse lui stesso tende a sopravvalutare. Errori pesanti, ma bisognerebbe anche prenderli per peccati di gioventù quali sono.
D'altronde l'errore sul gol ha vari compartecipi, da parte di giocatori in teoria ben più esperti, a partire dalla pigrizia con cui Adli riceve quello scarico. Forse un classe 2005 come Comuzzo, che così precoce già era assurto nei fatti e nelle prestazioni a leader difensivo, avrebbe bisogno di meno responsabilità e più sostegno da parte di chi gli sta intorno per emergere e migliorare. Si torna al principio: la squadra deve aiutarsi per uscire da questa situazione. Ma, nel caso del giovane Pietro, Ranieri con tutta la sua buona volontà forse è stato il partner adatto a far emergere il friulano, ma manca della caratura tecnica necessaria a sostenerne un calo. Certo, un po' fa sorridere che nonostante il grande andirivieni di difensori argentini, e sempre in attesa del profumatamente pagato Godot croato, la rosa sembri sempre sprovvista perfino di un primo cambio affidabile e pronto per la coppia centrale. Avranno tutti i mal di pancia.
“I tre punti del lunedì” sono una rubrica settimanale di SpaceViola, a cura di Federico Castiglioni. Se ti ha convinto o se invece preferisci offenderlo per quanto hai letto, puoi seguirlo o contattarlo qui. Oppure qui. Il giovedì mattina passa su RadioFirenzeViola.
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