Alla fine il sogno si spegne lì.
Come l'anno scorso all'atto finale, con la differenza che rispetto all'altra volta non c'è alibi che tenga.
È vero, eri a casa loro, ed è pur vero che nella partita secca tutto può accadere e non sempre i pronostici vengono rispettati. Ma non ci sono giustificazioni alla mancanza di determinazione e di cuore di quasi tutti i calciatori ieri sera.
Si salvano solo in tre: Terracciano, che ha fatto un paio di interventi che ti hanno tenuto in piedi fino ai supplementari, Milenkovic, nettamente il migliore in campo dei tuoi, e Nico Gonzalez, che ha tentato qualche giocata di livello; per tutti gli altri è un'insufficienza piena.
La partita andava preparata diversamente, perché sapevi già quali erano i fattori che ti avrebbero potuto mettere in difficoltà: il fattore campo, la determinazione dei greci a lottare su tutti i palloni possibili ed il numero 9 El Kaabi (su cui, va detto, la marcatura è stata efficace); ma tecnicamente eri più forte tu.
Inconcepibile l'idea di snaturare totalmente la tua idea di gioco, che ti aveva portato fino a quel punto per due anni consecutivi, durante tutto il secondo tempo, e ancor più inconcepibile è stata l'idea concedere un "uomo contro uomo" in marcatura a Ranieri, appena entrato per giunta, contro uno degli attaccanti più in forma del momento, a 5 minuti dai calci di rigore.
Dovevi fare una figura migliore, e comandare il gioco; per quei 9000 accorsi in massa ad Atene per tifare per te, e che nonostante la sconfitta e la delusione continueranno ad amarti; per quell'Artemio Franchi sold out e riempito da tutte le persone che non hanno avuto modo di andare in Grecia, ma che non hanno voluto far mancare il loro supporto e le loro speranze perché a te ci tengono veramente, e lo farebbero altre cento, mille volte.
Inutile girarci intorno, si fanno i complimenti agli avversari, ancora una volta, ma potevi e dovevi fare di più, perché questa gente non lo meritava.
E perché era una grande occasione, per alzare finalmente un trofeo importante.
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