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Immagine del redattoreManuel Santi

Lettera alla Fiorentina, il giorno dopo una serata amarissima

Alla fine il sogno si spegne lì.

Come l'anno scorso all'atto finale, con la differenza che rispetto all'altra volta non c'è alibi che tenga.


È vero, eri a casa loro, ed è pur vero che nella partita secca tutto può accadere e non sempre i pronostici vengono rispettati. Ma non ci sono giustificazioni alla mancanza di determinazione e di cuore di quasi tutti i calciatori ieri sera.


Si salvano solo in tre: Terracciano, che ha fatto un paio di interventi che ti hanno tenuto in piedi fino ai supplementari, Milenkovic, nettamente il migliore in campo dei tuoi, e Nico Gonzalez, che ha tentato qualche giocata di livello; per tutti gli altri è un'insufficienza piena.

La partita andava preparata diversamente, perché sapevi già quali erano i fattori che ti avrebbero potuto mettere in difficoltà: il fattore campo, la determinazione dei greci a lottare su tutti i palloni possibili ed il numero 9 El Kaabi (su cui, va detto, la marcatura è stata efficace); ma tecnicamente eri più forte tu.


Inconcepibile l'idea di snaturare totalmente la tua idea di gioco, che ti aveva portato fino a quel punto per due anni consecutivi, durante tutto il secondo tempo, e ancor più inconcepibile è stata l'idea concedere un "uomo contro uomo" in marcatura a Ranieri, appena entrato per giunta, contro uno degli attaccanti più in forma del momento, a 5 minuti dai calci di rigore.

Dovevi fare una figura migliore, e comandare il gioco; per quei 9000 accorsi in massa ad Atene per tifare per te, e che nonostante la sconfitta e la delusione continueranno ad amarti; per quell'Artemio Franchi sold out e riempito da tutte le persone che non hanno avuto modo di andare in Grecia, ma che non hanno voluto far mancare il loro supporto e le loro speranze perché a te ci tengono veramente, e lo farebbero altre cento, mille volte.

Inutile girarci intorno, si fanno i complimenti agli avversari, ancora una volta, ma potevi e dovevi fare di più, perché questa gente non lo meritava.


E perché era una grande occasione, per alzare finalmente un trofeo importante.



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